Melanie Mitchell è una docente di talento. Lo dimostrò con la sua “Introduzione agli algoritmi genetici”, che per efficacia batte anche la presentazione del suo inventore (John Holland).
Con questo testo Melanie colma una lacuna importante: un testo introduttivo e comprensivo alla disciplina che va sotto il nome di Complessità.
E come c’era da aspettarsi il risultato è ottimo. Il testo introduce prima elementi di teoria dell’informazione, computazione, evoluzione e genetica, e poi passa in rassegna i numerosi campi in cui i concetti li sviluppati sono stati finora applicati (intelligenza artificiale, sociologia, reti, biologia e altro). Man mano che si avanza, mentre chi non conoscesse la materia rimarrà stupito dalla ricchezza di orizzonti e prospettive aperte, le correlazioni tra i campi diventano evidenti. E gli ultimi capitoli non risparmano interessanti e profonde riflessioni sul ruolo delle simulazioni nella scienza (la terza via, accanto a teoria e sperimentazione), sull’esistenza presunta di una teoria della complessità, sulla necessità di un nuovo linguaggio per questa nuova disciplina (così come il calcolo ha dato il linguaggio alla fisica newtoniana), sulle questioni aperte nell’evoluzionismo e nella genetica (ruolo dell’autoorganizzazione rispetto alla selezione naturale), sulla illusoria pervasività delle “power laws” che sembrano ormai “più normali delle distribuzioni normali (nel senso di gaussiane)”.
La Mitchell usa sempre un linguaggio chiarissimo e preciso, comprensibile senza sacrificare la rigorosità scientifica, ed espone la materia in maniera progressiva senza richiedere sostanziali pre-conoscenze dal lettore (se non la sua intelligenza).
Ci sono capolavori divulgativi che dovrebbero essere lettura obbligatoria per quegli studenti di fine liceo/inizio università che volessero capire cosa la scienza può insegnare e mostrare loro quanto possa essere affascinante e ricca. “Un’occhiata alle carte di dio” di Ghirardi, “The evolution of complexity” di Axelrod, “Godel Escher Bach” di Hofstadter sono i primi che grandi esempi che mi vengono in mente. Questo testo della Mitchell è senza dubbio un ulteriore gioiello da aggiungere alla lista.