Con 28 televisioni pubbliche collegate e la traduzione simultanea si è svolta a Bruxelles la serata di dibattito tra i candidati alla presidenza della Commissione: il tedesco Martin Schulz, del gruppo socialista (Pse); la tedesca Ska Keller, del gruppo dei Verdi; il belga Guy Verhostadt, del gruppo liberale (Alde); il greco Alexis Tsipras, del gruppo sinistra (Lista Tsipras); il lussemburghese Jean-Claude Juncker, del gruppo dei popolari (Ppe). L’impressione era di un festival di San Remo dove al posto delle esibizioni canore si sono lanciati sguardi e proclami di populismo progressista per “più Europa”, nessuno escluso. Tutti hanno vinto, l’Europa ha perso!

Poche ore prima dell’evento, centinaia di persone sono state fermate e portate in caserma dalla polizia mentre protestavano intorno al Palais d’Egmont a Bruxelles dove, nel corso dello European Business Summit che discuteva del trattato firmato a porte chiuse dalla Commissione europea sul libero scambio tra Ue e Stati Uniti. Tra i fermati e poi liberati anche un consigliere comunale di Venezia e lo storico leader del movimento no global italiano Casarini. Come riferisce EuNews, circa 500 attivisti dell’Alleanza D19-20, che riunisce agricoltori, lavoratori, disoccupati e artisti si sono incontrati nel centro della capitale belga e si sono diretti in corteo verso lo European Business Summit, nel tentativo di bloccarlo. La polizia ha aperto gli idranti contro il corteo per disperdere i manifestanti.

Questa è l’Europa delle libertà, dei diritti, della solidarietà e dei cittadini!

Solo la candidata Keller dei Verdi ha fatto riferimento a questo indegno evento. Per gli altri candidati, compreso il greco Tsipras, non valeva spendere alcuno dei secondi a loro disposizione per parlare del mondo reale e non solo dei loro vuoti proclami mefistofelici. In un afflato finale, concordato con la conduttrice, la Keller ha anche sortito il foglietto per il rilascio delle ragazzine nigeriane #BringBackOurGirls. Nulla di male, ovviamente, ma un po’ triste e evidentemente populista.

Diversamente dalla leggenda del Faust, nel dibattito ben due soggetti hanno incarnato Mefistofele, immortale come le sue idee: lo sfortunato belga Guy Verhostadt, del gruppo liberale (Alde), e il vacuo libraio tedesco Martin Schulz, del gruppo socialista (Pse). A questi si è aggiunta “l’allegra comare di Guben”, la tedesca Ska Keller del gruppo dei Verdi, che ci ha intrattenuto sulle benefiche e olistiche pozioni di un’Europa sociale ed ecologica. Infine, come nella leggenda tedesca, compare il tragico “professore” che faustianamente emerge come l’aggregatore di tutti gli altri in una “grande alleanza”, Jean-Claude Juncker, del gruppo dei popolari (Ppe). L’italiana direttrice di RaiNews, Monica Maggioni, in arte la Vispa Teresa, stemperava il dibattito in un sobrio amorevole sorriso.

Sulle prime si annunciava una pioggia di ben 740.000 cinguettii della rete, ma poi alla conclusione si ridimensiona il tutto a 63.000, cioè una partecipazione di circa 20.000 persone. Un vero successo! Meditate gente, meditate!

L’unico punto di convergenza di tutti i candidati è stato di affermare compattamente che se i governi dei 28 stati membri dell’Ue decideranno per un candidato alla presidenza della Commissione europea diverso da uno di loro, allora “la democrazia europea muore” (ma quando è mai nata?). Certo, in un tale caso l’inutilità del Parlamento europeo sarà plateale. Ma che i signori parlamentari eletti decidano di votare contro i governi… Nessuno di costoro ha minacciato di dimettersi rinunciando a privilegi ed emolumenti… A dire il vero, almeno sul piano retorico e formale, anche su un altro punto tutti i candidati hanno riconosciuto la necessità di fare qualcosa. Sebbene con accenti diversi, tutti si sono dichiarati convinti che sia necessario promuovere (in quanto tempo?) una nuova “legislazione europea per l’immigrazione legale” (Ppe), “nuove procedure” (Verdi), “più solidarietà” (Tzipras), oppure “una politica comune” (Alde). Hanno riconosciuto che l’immigrazione illegale resterà, ma nessuno ha proposto qualcosa per gestirla civilmente. In effetti, però, Tsipras e Keller hanno scoperto l’acqua calda: riduciamo le spese militari e aumentiamo le spese per lo sviluppo nei loro paesi d’origine. Bravi!

Sul piano sostanziale, le domande presentate ai candidati erano piuttosto scontate. Che pensate dell’austerità, della disoccupazione, delle banche e della finanza, del disincanto popolare sull’idea di Europa, sul ruolo internazionale dell’Ue e in particolare sull’Ucraina, sulle richieste di indipendenza e secessione di vari popoli europei, sull’immigrazione, sulla corruzione, e su chi è colpevole per l’alto tasso di astensionismo. L’unica domanda sorprendente è stata quella sui simboli religiosi, alla quale i candidati hanno balbettato alcune ricette ben note di laicismo o di rispetto per la libertà di fede. C’è da chiedersi a cosa servisse quest’ultima domanda, in un’Europa sempre più agnostica, se non a pagare tributo a certe gerarchie, molto italiane, dell’informazione pubblica radiotelevisiva. La più tristemente esilarante è stata l’ultima domanda: qual è il vostro piano per l’Ue? Ecco le risposte: lavoro e ambiente (Verdi); nuova leadership e una prospettiva per l’economia e l’occupazione (Alde); nuova solidarietà Ue e promesse sagge (Ppe); una Ue dei popoli con più democrazia, via la Troika e più referendum, una convenzione europea sul debito (Tsipras); cittadini al primo posto (Pse).

Sulle altre domande, le risposte sono state un’elencazione dal libro dei sogni. Il più realista, perché invocava il mantenimento addolcito dello statu quo, è stato il candidato del Ppe, Jean-Claude Juncker. Un gioco facile per faustiano “professore” che ha riconosciuto, con equilibrio, le difficoltà provocate dalle politiche attuali e la necessità di apportare delle variazioni per renderle più socialmente compatibili. Ha detto che “un rigore responsabile” è imprescindibile e che lo sviluppo economico e la crescita si possono raggiungere con una “maggiore integrazione del mercato digitale europeo”. Il più arrogante è stato il belga Guy Verhostadt, del gruppo liberale (Alde), che a più riprese ha lanciato accuse velatamente razziste nei confronti dei famigerati Piigs, i paesi dell’Europa del Sud, in particolare Grecia, Italia e Spagna, e verso l’Ungheria. Inoltre, la sua unica ricetta è sempre e comunque mefistofelica: più Europa.

In conclusione, nessuno dei candidati europeisti è stato veramente convincente. Vedremo nelle urne quanti si esprimeranno per loro – i sondaggi indicano un astensionismo sopra il 50% – e quanti sceglieranno invece quegli untori di nazional-populisti. Come alla fine del Medio Evo l’eresia mise in crisi il potere costituito, nonostante la caccia alle streghe e l’Inquisizione, magari anche l’Unione europea subirà la stessa sorte. L’Europa è nostra e la fanno i popoli! Questo si realizzerà se L’Ue diventerà una vera unione di stati sovrani, con la forte centralità dei parlamenti nazionali, una con-federazione di sovranità statali e popolari, e sarà abbandonata la dottrina francese e di Delors che voleva imporre la costruzione del super-stato europeo. Viva l’Europa!