DI PEPE ESCOBAR

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Uno spettro infesta il “Nuovo Secolo Americano” che invecchia velocemente: la possibilità di una futura alleanza strategica per gli scambi e i commerci tra Pechino, Mosca e Berlino. Chiamiamola PMB.

La sua fattibilità è valutata seriamente ai più alti livelli di Mosca e Pechino e osservata con interesse da Berlino, Nuova Delhi e Teheran. Ma non se ne faccia menzione nella Beltway di Washington o nei quartieri generali della NATO a Bruxelles. Lì, la star del nuovo show oggi e domani è il nuovo Osama Bin Laden: il Califfo Ibrahim, alias Abu Bakr Al-Baghdadi, l’elusivo, autoproclamato profeta decapitatore di un nuovo mini-stato e di un movimento che ha creato un festino di acronimi – IS/ISIS/ISIL – per gli isterici di Washington e di tutto il mondo.

Non importa quante volte Washington rimescoli la sua Guerra Globale al Terrore (GWOT), in ogni caso, le placche tettoniche della geopolitica eurasiatica continuano a muoversi e non si fermeranno solo perchè le elite USA si rifiutano di accettare che il loro presupposto storico del “momento unipolare” sta tramontando. Per loro, la chiusura dell’er di “dominio a spettro completo”, come piace chiamarla al Pentagono, è inconcepibile. Dopotutto, la necessità della nazione indispensabile di controllare tutto – spazio militare, economico, culturale, cibernetico – è a corto di dottrina religiosa. I missionari eccezionalisti non fanno un pareggio. Al massimo, fanno “coalizioni dei volonterosi” come quella allestita con “più di 40 nazioni” messe insieme per combattere l’IS/ISIL/ISIS e applaudire (e ordire) dalle retrovie o mandare qualche aereo verso l’Iraq e la Siria.

La NATO, che a differenza di alcuni suoi membri non si opporrà ufficialmente al Jihadistan, resta una copertura multilaterale governata da Washington. Non si annoia mai di tirare in mezzo l’UE o di consentire alla Russia di “sentirsi” Europea. Per quanto riguarda il Califfo, è solo un diversivo. Un cinico postmoderno potrebbe persino sostenere che sia un emissario di Cina e Russia messo sul campo da gioco mondiale per distrarre le superpotenze mondiali.

Dividere ed Isolare

Quindi come funziona un dominio a spettro completo quando due potenze avversarie, Cina e Russia, iniziano a far sentire la loro presenza? L’approccio di Washington verso entrambe – in Ucraina e nelle acque asiatiche – può essere visto come dividere ed isolare.

Per mantenere l’Oceano Pacifico come il solito “lago statunitense”, l’amministrazione Obama ha ricominciato a “fare perno” in Asia da alcuni anni. Ciò ha comportato solo alcune modeste operazioni militari, ma un non modesto tentativo di scatenare il nazionalismo cinese contro il Giappone, mentre rafforzava le alleanze e le relazioni nel sudest asiatico, concentrandosi sulle dispute energetiche nel Mar Cinese del Sud. Al contempo, si è mossa per blindare un futuro accordo commerciale, il TPP (TransPacific Partnership).

Ai confini occidentali della Russia, l’amministrazione Obama ha attizzato le braci del cambio di regime a Kiev scatenando un incendio (su cui soffiavano le cheerleader locali Polonia e Repubbliche Baltiche) e quella che è palesemente sembrata, a Vladimir Putin e alla leadership russa, una minaccia all’esistenza di Mosca. A differenza degli USA, la cui sfera di influenza (e le basi militari) è globale, la Russia non conservava un’influenza significativa sui paesi confinanti, i quali, se si parla di Kiev, per la maggior parte dei Russi, non fanno parte dell’estero.

Per Mosca, è stato come se Washington e i suoi alleati della NATO avessero iniziato a voler creare una nuova Cortina di Ferro contro di essa dal Baltico al Mar Nero, con l’Ucraina come punta della lancia. In termini di PMB, si pensi ad un tentativo di isolare la Russia ed imporre una nuova barriera alle sue relazioni con la Germania. L’obiettivo ultimo sarebbe dividere l’Eurasia, prevenendo mosse future in direzione di un’integrazione commerciale al di fuori del controllo di Washington.

Dal punto di vista di Pechino, la crisi in Ucraina è un caso in cui Washington ha oltrepassato ogni immaginabile linea rossa per istigare e isolare la Russia. Per i leader cinesi questo sembra un tentativo coordinato di destabilizzare la regione in modo favorevole agli interessi statunitensi, supportato da un range completo di elite di Washington, dai neocon e i “liberali” della Guerra Fredda agli interventisti umanitari usciti dagli stampi di Susan Rice e Samantha Power.

Ovviamente, se si è seguita la crisi Ucraina da Washington, certe prospettive sembrano aliene come se fossero state viste da un marziano. Ma il mondo ha un aspetto diverso se visto dal cuore dell’Eurasia e non da Washington – specialmente dal punto di vista di una Cina in ascesa con il suo “sogno cinese” nuovo di zecca (Zhongguo meng). Come detto dal presidente Xi Jinping, quel sogno coinvolgerebbe una futura rete di nuove Vie della Seta organizzate dalla Cina, che creerebbero l’equivalente di un Trans-Asian Express per il commercio Eurasiatico. Quindi se Pechino, ad esempio, sente pressione da Washington e Tokio sul fronte navale, parte della sua risposta è un avanzamento su due fronti, basato sui commerci, attraverso il continente Eurasiatico, uno attraverso la Siberia e l’altro attraverso gli “-stan” centroasiatici.

In questo senso, benchè non si possa sapere se si seguono solo i media statunitensi o i “dibattiti” a Washington, si sta potenzialmente entrando in un nuovo mondo. Una volta, non molto tempo fa, la leadership di Pechino stava flirtando con l’idea di riscrivere il gioco geopolitico/economico a fianco degli USA, mentre la Russia di Putin mirava alla possibilità di entrare un giorno nella NATO. Non più. Oggi, l’unica zona dell’occidente alla quel entrambe le nazioni sono interessate è una possibile nuova Germania non più controllata dai poteri statunitensi e da Washington.

Mosca, infatti, è coinvolta in almeno mezzo secolo di dialogo strategico con Berlino che ha coinvolto cooperazione industriale e interdipendenza energetica. In molte zone del Sud del Mondo questo è stato notato e la Germania inizia ad essere vista come “il sesto BRIC” (dopo Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).

Nel mezzo delle crisi mondiali dalla Siria all’Ucraina , gli interessi geostrategici di Berlino sembrano distanziarsi sempre più da quelli di Washington. Gli industriali tedeschi, in particolare, sembrano bramosi di stipulare contratti commerciali illimitati con Cina e Russia. Ciò potrebbe mettere il loro paese su un percorso verso un potere globale non limitato dai confini dell’UE e, a lungo termine, segnare la fine di un’era in cui la Germania, anche se sempre trattata con i guanti, era essenzialmente un satellite degli Stati Uniti.

Sarà un percorso lungo e tortuoso. Il Bundestag, il Parlamento tedesco, è ancora dipendente da una forte agenda Atlantista e una generale obbedienza a Washington. Ci sono ancora decine di migliaia di soldati statunitensi su suolo tedesco. Tuttavia, per la prima volta, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha esitato ad imporre sanzioni ancora più dure alla Russia per la situazione in Ucraina, perchè non meno di 300.000 lavori tedeschi dipendono dalle relazioni con quella nazione. I leader dell’industria e l’establishment finanziario hanno già lanciato l’allarme, temendo che tali sanzioni saranno assolutamente controproducenti.

Il banchetto della Via della Seta cinese

Il nuovo gioco di forza geopolitico della Cina in Eurasia ha pochi precedenti nella storia moderna. I giorni in cui il “piccolo timoniere” Deng Xiaoping insisteva che la nazione doveve “tenere un basso profilo” sul palcoscenico mondiale sono finiti da tempo. Ovviamente, ci sono disaccordi e strategie contrastanti quando si parla di giostrare i punti caldi della nazione: Taiwan, Hong Kong, Tibet, Xinjiang, il Mar Cinese del Sud, i competitor India e Giappone e alleanze complesse come quelle con Korea del Nord e Pakistan. Per di più il malcontento popolare in alcune “periferie” controllate da Pechino sta salendo a livelli incendiari.

La priorità numero uno del paese resta interna e incentrata sul portare avanti le riforme economiche del presidente Xi, al contempo aumentare la “trasparenza” e combattere la corruzione all’interno del dominante Partito Comunista. Al secondo posto sta la questione di come progressivamente difendersi dal piano di “pivoting” del Pentagono nella regione – attraverso la costruzione di una flotta in mare aperto, sottomarini nucleari e una air force a tecnologia avanzata – senza diventare troppo risoluti, tanto da scatenare l’isterismo dell’establishment di Washington votato alla “minaccia cinese”.

Nel frattempo, con la flotta USA che controlla le rotte marittime globali per il futuro prossimo, la pianificazione di quelle nuove vie della seta attraverso l’Eurasia procede speditamente. Il risultato finale dovrebbe provare un trionfo di infrastrutture integrate – strade, ferrovie ultraveloci, reti di tubazioni, porti – che connetteranno la Cina all’Europa occidentale e al Mediterraneo, il vecchio Mare Nostrum dell’Impero Romano, in ogni maniera immaginabile.

In un viaggio di Marco Polo al contrario, rinnovato per il mondo di Google, un ramo chiave della Via della Seta andrà dalla vecchia capitale imperiale Xian a Urumqi nella provincia dello Xinjiang, poi attraverso l’Asia Centrale, Iran, Iraq, l’Anatolia turca, fino a Venezia. Un’altra Via della Seta sarà marittima dalla provincia di Fujian, attraverso lo stretto di Malacca, l’Oceano Indiano, Nairobi in Kenia, fino al Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Messe insieme costituiscono ciò che Pechino chiama la Cintura Economica della Via della Seta.

La strategia cinese è creare una rete di connessioni tra non meno di cinque regioni chiave: Russia (il ponte fondamentale tra Asia ed Europa), gli “stan” centrasiatici, il sudovest asiatico (con un ruolo di rilievo per Iran, Iraq, Siria, Arabia Saudita e Turchia), il Caucaso e l’Europa dell’est (Bielorussia, Moldavia e, compatibilmente con la stabilità, l’Ucraina). Da non dimenticare sono Afghanistan, Pakistan e India, che potrebbero essere intese come una via della seta “plus”.

La Via della Seta Plus connetterebbe il corridoio economico Bangladesh-Cina-India-Myanmar con quello Cina-Pakistan, offrendo a Pechino una accesso privilegiato all’Oceano Indiano. Ancora una volta un pacchetto completo – strade, ferrovie superveloci, reti di fibre ottiche e condutture – unirebbe la regione alla Cina.

Lo stesso Xi ha messo la connessione tra India e Cina in un’eccezionale serie di immagini in un editoriale da lui pubblicato sul The Hindu prima della sua recente visita a Nuova Delhi. “La combinazione della ‘fabbrica del mondo’ e degli ‘uffici del mondo’ produrrà la base produttiva più competitiva e il mercato consumer più attrattivo”.

Il nodo centrale dell’elaborato piano della Cina per il futuro dell’Eurasia è Urumqi, la capitale della provincia dello XinJiang e sede della più grande fiera commerciale dell’Asia centrale, la Cina-Eurasia Fair, dal 2000, una delle principali priorità di Pechino è stata di urbanizzare quella provincia desertica ma ricca di petrolio e industrializzarla, a qualsiasi costo. E il costo, a quanto vede Pechino, è una cinesizzazione [Sinicization nella versione originale, ovvero la “colonizzazione” di una zona della Cina popolata da una minoranza etnica da parte della più diffusa e dominante etnia Han, NdT] della regione- con il suo corollario: la soppressione di ogni possibile dissenso dell’etnia Uighur. Il Generale Li Yazhou dell’Esercito di Liberazione del Popolo [l’esercito cinese, NdT] ha descritto l’Asia centrale in questi termini “la più sottile fetta di torta che il cielo abbia donato alla Cina moderna”.

La maggior parte della visione cinese di una nuova Eurasia legata a Pechino da ogni forma di trasporto e comunicazione è stata dettagliata vividamente in “Marciando ad Ovest: il ribilanciamento della geostrategia cinese” [Marching Westwards: The Rebalancing of China’s Geostrategy], un saggio eccezionale del 2012 di Wang Jisi del Centro di di studi internazionali e strategici dell’Università di Pechino. Come risposta ad un tale futuro delle connessioni eurasiatiche, il meglio con cui l’amministrazione Obama se n’è uscita è una versione di contenimento navale dall’Oceano Indiano al Mar Cinese del Sud, mentre acuisce i conflitti cinesi con alleati strategici limitrofi dal Giappone all’India. (Alla NATO è ovviamente lasciato il compito di occuparsi della Russia in Europa dell’Est).

Cortina di ferro vs. Le vie della seta

Il “contratto per il gas del secolo” da 400 miliardi di dollari, firmato da Putin e dal Presidente cinese lo scorso Maggio, ha gettato le basi per la costruzione del gasdotto Potenza della Siberia, già in costruzione a Yakutsk. Porterà un’ondata di gas russo sul mercato cinese. Chiaramente rappresenta l’inizio di una alleanza strategica basata sull’energia tra le due nazioni. Nel frattempo gli uomini d’affari e gli industriali tedeschi hanno iniziato a notare una nuova realtà emergente: fino a che il mercato finale dei prodotti made in China trasportati sulle nuove vie della seta sarà l’Europa, succederà anche il contrario. In un possibile commercio futuro, la Cina è in lista per divenire il primo partner economico della Germania entro il 2018, superando sia la Francia sia gli USA.

Un potenziale ostacolo a questi sviluppi, benvoluto da Washington, è la Guerra Fredda 2.0, che sta già facendo a pezzi non la NATO, ma l’UE. Nell’UE attuale, l’accampamento antirusso è composto da Gran Bretagna, Svezia, Polonia, Romania e dagli stati Baltici. Italia e Ungheria d’altro canto, possono essere annoverate nelle fila pro-russe, mentre una ancora incomprensibile Germania è la chiave per un futuro volto a una nuova Cortina di Ferro o a una mentalità sbilanciata ad Est. Per questo l’Ucraina continua ad essere la chiave. Se verrà Finlandizzata con successo (con significativa autonomia delle sue regioni), come propone Mosca – un suggerimento che è una maledizione per Washington – il percorso verso Est rimarrebbe aperto. Altrimenti un futuro PMB sarebbe una scommessa molto rischiosa.

Si noti che un’altra visione del futuro economico dell’Eurasia è all’orizzonte. Washington sta cercando di imporre una Partnership per gli Investimenti e il Commercio Transatlantici (TTIP) all’Europa e una simile Partnership TransPacifica (TPP) all’Asia. Entrambe favoriscono le corporations statunitensi e il loro obiettivo è palesemente impedire l’ascesa delle economie dei BRICS e la nascita di nuovi mercati emergenti, mentre al contempo si cementifica l’egemonia economica USA a livello mondiale.

Due prove evidenti, messe in evidenza da Mosca, Pechino e Berlino, fanno intuire la geopolitica estrema che si cela dietro questi due “patti commerciali”. Il TPP esclude la Ciina, il TTIP la Russia. Essi rappresentano, a tutti gli effetti, il non tanto camuffato inizio di una guerra economico-monetaria. Nei miei recenti viaggi personali, mi è capitato di parlare con produttori agricoli spagnoli, italiani e francesi, i quali mi hanno ripetuto continuamente che il TTIP non è altro che la versione economica della NATO, l’alleanza militare che Xi Jinping definisce, magari in toni speranzosi, “una struttura obsoleta”.

C’è una notevole opposizione al TTIP in molte nazioni europee (specialmente le nazioni del Club Med del sud Europa), così come c’è contro il TPP tra le nazioni asiatiche (specialmente Giappone e Malesia). È ciò che dà speranza a Russi e Cinesi per le loro vie della seta e per un nuovo modo di fare commerci attraverso l’Eurasia, supportato da un’Unione Eurasiatica sostenuta dalla Russia. Figure di spicco dei circoli finanziari ed industriali tedeschi, per i quali le relazioni con la Russia sono fondamentali, mantengono l’attenzione alta su questo possibile scenario.

Dopotutto Berlino non ha mostrato una preoccupazione esagerata per il resto dell’UE oppresso dalla crisi (tre recessioni in cinque anni). Attraverso una troika molto disprezzata – BCE, FMI e Commissione Europea – Berlino è già, in pratica, al timone dell’Europa, in crescita e orientata ad oriente per migliorare ancora.

Tre mesi fa, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha visitato Pechino. Poco menzionata nelle notizie è stata l’accelerazione di un progetto potenzialmente devastante: la costruzione di una ferrovia superveloce ininterrotta tra Pechino e Berlino. Una volta costruita, fornirà trasporto e una calamita per affari a dozzine di stati lungo il suo percorso dall’Asia all’Europa. Passando per Mosca, diventerebbe la via della seta definitiva per integrare l’Europa e probabilmente il vero incubo di Washington.

“Perdere” la Russia

In un fulmine di attenzione mediatica, il recente summit NATO in Galles ha regalato solo una modesta “forza di reazione rapida” per il dispiegamento in qualsiasi futura situazione simil-Ucraina futura. Nel frattempo, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), una possibile controparte asiatica della NATO, si è riunita a Dushanbe, in Tajikistan.

A Washington e nell’Europa occidentale praticamente nessuno se n’è accorto. Avrebbero dovuto. Lì Cina, Russia e quattro degli “stan” centroasiatici si sono accordati per accogliere una gran quantità di nuovi membri: India, Pakistan e Iran. Le implicazioni potrebbero essere ad ampio spettro. Dopotutto, l’India del Primo Ministro Narendra Modi sta vivendo la sua mania della via della seta. Dietro di essa sta la possibilità di una riconciliazione economica “Cindiana”, che potrebbe cambiare la mappa geopolitica mondiale. Al contempo, l’Iran verrebbe coinvolto.

Così l’SCO sta lentamente ma risolutamente prendendo forma come la più importante organizzazione internazionale in Asia. È già chiaro che uno dei suoi obiettivi principali a lungo termine è di smettere di fare affari in dollari statunitensi, mentre già prende piede l’uso del petroyuan e del petrorublo negli scambi energetici. Gli USA, ovviamente, non saranno mai ben accetti nell’organizzazione.

Tutto ciò sarà possibile nel futuro. Nel presente, il Cremlino continua segnalare che ancora una volta vorrebbe iniziare a trattare con Washington, mentre Pechino non ha mai voluto smettere di farlo. Tuttavia l’amministrazione Obama resta miope e legato alla sua propria versione del gioco a somma zero, facendo affidamento sulla sua potenza tecnologico-militare per mantenere una posizione di forza in Eurasia. Pechino, comunque, ha accesso ai mercati e grandi quantità di denaro, Mosca ha grandi disponibilità di energia. Una cooperazione triangolare tra Washington, Pechino e Mosca sarebbe sicuramente – come direbbero i cinesi – un gioco in cui vincono tutti, ma non trattenete il respiro.

Invece, aspettatevi la Cina e la Russia che infittiscono la loro partnership strategica, mentre coinvolgono altri poteri regionali eurasiatici,. Pechino ha scommesso pesante che lo scontro USA/NATO contro la Russia per l’Ucraina si concluderà con Vladimir Putin rivolto ad est. Al contempo Mosca sta calibrando con attenzione le implicazioni che un orientamento verso una tale potenza economica comporteranno. Un giorno è possibile che voci di sanità mentale a Washington chiedano con insistenza come gli USA hanno “perso”la Russia a vantaggio della Cina.

Nel frattempo, pensate alla Cina come una calamita per un nuovo ordine mondiale in un prossimo secolo eurasiatico. Lo stesso processo di integrazione che sta vivendo la Russia, ad esempio, pare sempre più sia da attribuire all’India e ad altre nazioni eurasiatiche e possibilmente presto o tardi anche a una Germania neutrale. Nelle battute finali di questo processo, gli USA si potrebbero ritrovare schiacciati fuori dall’Eurasia, con l’asse PMB ad ergersi come mattatore della partita. Scommettete presto. Potreste incassare entro il 2025.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.

Fonte: http://www.informationclearinghouse.info Link: http://www.informationclearinghouse.info/article39883.htm 07.10.2014